Antico Oratorio della Passione di Sant’Ambrogio, Piazza Sant’Ambrogio, 23/A, Milano (alla sinistra dell’ingresso principale)
Dal 12 al 16 Dicembre 2018, ore 14,30-19,30 - Inaugurazione 11 Dicembre dalle ore 17,30
Sembra che l’arte, come il denaro, sia una vocazione irresistibile: “un appello al quale troppi rispondono senza essere chiamati”, secondo Leo Longanesi. Molti mercanti d’arte hanno preso in mano matita o pennello e con un pizzico di malizia si può anche dire che molti artisti (come pure molti critici e storici dell’arte) non hanno resistito alla tentazione di fare il mercante. In Italia tante persone dipingono: personalmente ho iniziato nel lontano 1947, con una scatola di acquerelli.
Ad appena nove anni, ho ricevuto un certificato della Royal Drawing Society, con lodi per i buoni risultati conseguiti. In collegio, l’insegnante d’arte, tale Gertrude Plummer, ci faceva disegnare motivi floreali molto ripetitivi, “alla William Morris”, roba da carta da parati, o stoffa per vecchie poltrone.
Nel 1956, alla scuola superiore di Rugby ho avuto la fortuna di incontrare Richard Talbot Kelly, bravissimo acquerellista ed esperto di ornitologia, una mia parallela passione, ma con una grande disponibilità verso altre espressioni artistiche. Da lui ho imparato la mia abituale tecnica di penna e acquerello. È stato proprio “ TK” a introdurmi all’opera di Graham Sutherland, il primo pittore moderno di cui ho avuto qualche cognizione – a Picasso sono arrivato in seguito. Ho dipinto alcune composizioni alla maniera di Sutherland, di cui il celebre Ingresso a un sentiero (Entrance to a lane) mi è rimasto inciso nella memoria. Più tardi, nel 1971, ho acquistato uno studio per quest’opera.
A Cambridge dove, paradossalmente, mancava l’opportunità di fare pratica, ho studiato Belle Arti con Michael Jaffé. Simpatizzando con la mia delusione, mi ha messo in contatto con un altro studente del corso, Reg Gadney, geniale pittore informale e in seguito anche scrittore e regista, che ha caldeggiato il mio lavoro. Ho frequentato le classi serali alla scuola d’arte di Impington dove, tra l’altro, ho fatto un saggio di scultura.
A Peterhouse, il mio collegio universitario, ho curato la “picture-lending library”, una raccolta di stampe artistiche. Anziché acquistare riproduzioni dei soliti nomi famosi, ho contattato l’Istituto tecnologico per l’acquisto di opere di giovani artisti, anticipando la mia futura attività professionale.
Dopo Cambridge, l’Italia. L’incredibile luce, i colori accesi. Mio suocero, Emilio Gagliardini, mi dava un piccolo compenso per ogni opera che portavo a termine, finché il mio entusiasmo eccessivo non lo abbia convinto di smettere. Alla milanese Galleria Sant’Ambrogio, che allora dirigevo, confluivano molti pittori, tutti prodighi di incoraggiamenti. Tra questi, Mario Borgiotti, noto esperto dei Macchiaioli, mi ha dato un supporto morale comprando qualche mia opera; mi ha insegnato l’importanza fondamentale dei rapporti tonali. Tuttavia, chi mi ha veramente sconvolto è stato il pittore Edoardo Krumm. Sembrava leggermente squinternato - e probabilmente lo era. Adoperava la pittura a smalto come mezzo per arrivare all’assoluta modernità nell’arte ed esigeva le “tinte piatte”. Mi ha regalato un grosso pennello squadrato per facilitare questo approccio.
Il crescente impegno della galleria negli anni Settanta e Ottanta mi ha impedito di lavorare intensamente se non durante le vacanze, trascorse per la maggior parte a Corfù, in Sardegna e in Kenia. L’affascinante morfologia dei paesaggi della Sardegna ha rinnovato il mio repertorio, suggerendo configurazioni indebitate alle “metafore” della natura care a Sutherland. Nel 1995 la conoscenza dell’opera di Richard Diebenkorn e Willem de Kooning, mi ha spinto a sperimentare la stessa libertà anche con il colore.
Una figura importante per me in questa fase è stato lo scultore Luciano Miori, che è diventato una guida preziosa nel nuovo territorio dell’informale, consigliandomi di lavorare in un formato più ampio e insistendo sull’importanza degli spazi.
Da qualche anno, ho preso l’abitudine di riempire un taccuino con disegni, schizzi e qualche osservazione dal vero, una specie di diario, che mi aiuta a tenere occhio e mano allenati. Procedo con l’impegno di sempre in un dialogo tra l’astratto e il figurativo, che tra l’altro costituisce una delle caratteristiche dell’arte inglese del Novecento.
Paul Nicholls, Milano, 2018
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Ringraziamenti
Un grazie per la preziosa collaborazione a Michela Bassi, Jean Blanchaert, Carmelo Calabrese di B-keen Communication, Alfonso Galasi, Alberto Grassi, Brunella Mascheroni, Cosimo Mero, Mauro Nicholls, Cinzia Tommasini, Titti e Clara Vicenzetto.
Infine, voglio esprimere la mia affettuosa gratitudine all’eroica pazienza di mia moglie, Annamaria, che mi ha sempre compreso e incoraggiato.